Trefoloni e Associati

I campi cureranno il mondo – Il dramma pandemico che viviamo è solo la punta d’iceberg dello stato mondiale, dispensatore cronico, ma tollerato, di sofferenza e ingiustizia per la terra e l’umanità. Evidenzia in forma patologica, accelerata e forzata che gli esseri viventi sono interconnessi. Dobbiamo essere consapevoli che l’infezione e il rischio di recessione e carestia interessano tutti, non più solo i poveri. Secondo The state of food security and nutrition in the worlddell’Onu, la popolazione affamata aumenta ogni anno ed è ora l’11%. L’Institution of Mechanical Engineers stima lo spreco mondiale in 2 miliardi di tonnellate l’anno, la metà del cibo che si produce, per un valore di 2.600 miliardi di euro, calcolando il consumo di risorse.La crisi sanitaria è sintomo della crisi socio-ambientale e delle pratiche predatorie e di consumo, che violano il confine di rispetto tra uomo e natura, tra città e foresta. Abbiamo accettato un modello sociale e di sviluppo estremo, in cui sempre più frequentemente è possibile quel passaggio di virus da specie a specie, che porta al salto nell’uomo. L’Urban Climate Change Research Network dell’Onu conta che il 54% degli abitanti della Terra vive in città, consuma i due terzi dell’energia ed emette il 70% del carbonio mondiale. Le metropoli con oltre 10 milioni di abitanti, in trent’anni sono passate da 10 a 28 e il World Urbanization Prospect 2014 dell’Onu calcola che saranno oltre 40 nel 2030. La globalizzazione favorisce e rende quasi istantanei nel globo fenomeni patologici, perché li sottovalutiamo o, più probabilmente, ci siamo sopravvalutati.Stiamo vivendo perciò un evento epocale di cambiamento e non una pausa dalla normalità a cui ritornare. Questa condizione richiede una riflessione teorica e nuovi strumenti di interpretazione della realtà. Dobbiamo separare l’aumento della ricchezza dal consumo di risorse. È il fenomeno già in atto del decoupling, o disaccoppiamento, verificatosi dal 2014, da quando l’International Energy Agency rileva che l’emissione di CO2 è ferma a 32 miliardi di tonnellate annui, mentre il Pil aumenta del 3%.Un secolo fa il movimento operaio dovette impegnarsi in una poderosa riflessione teorica per impostare la sua prassi politica, con cui rivendicò la leadership del cambiamento sociale. Oggi tocca al movimento ecologico, che trova nel mondo agricolo la sua prima applicazione, assumere una leadership e fondare una filosofia della libertà dell’essere umano, su rigorose basi scientifico spirituali. Occorre abbandonare una visione bellica della lotta ai mali, che sposta la loro origine all’esterno e sull’altro. Riduce la patologia al virus stesso e non riflette sulla centralità dell’umanità come terreno fertile e responsabile tanto di patologia, tanto di salute, sull’essere umano che si ammala in un mondo malato. Nel paradigma ecologico l’individuo è al centro, come soggetto dell’organismo sociale e ambientale. La crisi apre una finestra per agire e sperare nel risveglio delle coscienze.In questo proprio il mondo contadino, il più emarginato e a rischio, sta indicando gli impulsi più innovativi per un cambio di paradigma. La Fao individua nell’aumento della temperatura globale, oltre l’80% dei danni economici provocati dalla siccità sull’agricoltura, anche su quella dei Paesi ricchi, dove la Banca mondiale prospetta una riduzione drastica delle rese delle produzioni agricole industriali. In Italia le aziende agricole chiudono al ritmo di 30 mila l’anno, mentre calano i prezzi: il grano è pagato agli agricoltori circa 16 centesimi al chilo, con un calo in un anno del 13%, l’avena 15 centesimi, meno 35%, il grano duro 18 centesimi, con una perdita del 37%. Ma se è vero che bisogna definire col tempo i fondamenti di una cura sociale, sono già oggi chiari gli errori da non perpetuare e sono immediatamente praticabili le azioni nuove da intraprendere. Abbiamo sfruttato e consumato i beni di natura come risorse funzionali alla produzione, mentre occorre stabilire una relazione solidale tra la natura e le aspirazioni dell’umanità. Abbiamo individuato la crescita come la variabile indipendente su cui misurare la salute del sistema, quando occorre misurare l’economia per le possibilità di evoluzione che offre agli esseri umani un organismo sociale. Abbiamo costituito ad autorità una pseudoscienza che è ideologia piegata al profitto, ma occorre salvare la scienza come rigoroso processo democratico di conoscenze veridiche condivise atte a liberare l’essere umano. Abbiamo fondato il diritto sulla legge e la ragione di Stato e occorre fondare il diritto sull’individualità libera quale origine e fine della legge. Possiamo elencare azioni concrete di ecologia integrale. La difesa della biodiversità e la promozione di un’agricoltura ecologica, a filiera corta e contadina. La valutazione del valore produttivo in base alle esternalità negative e positive e l’introduzione di tassazioni e finanziamenti finalizzati a obbiettivi socio ambientali. La pratica della salutogenesi garantita e diffusa attraverso stili di vita e una nutrizione equilibrati, con un uso sociale responsabile del principio di precauzione. Un’azione efficace per il contrasto e la resilienza ai cambiamenti climatici, con la conversione dell’economia fossile, considerando che l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), massima autorità in fatto di clima, segnala che il 78% delle emissioni deriva dai combustibili fossili e dai processi industriali e che occorre ridurre da subito gli investimenti in fonti fossili.La cessazione dei diritti intellettuali sul vivente e sul patrimonio genetico degli agricoltori, per promuovere invece un miglioramento genetico che evolva insieme all’uomo. La Fao denuncia che il 90% delle varietà coltivate al mondo è andato perduto e che il 75% degli alimenti proviene ormai solo da 12 specie di piante e 5 di animali. La promozione del diritto umano alla conoscenza, l’accesso ai dati utili a deliberare, come diritto costitutivo e inviolabile dell’umanità. L’adozione di un’economia circolare nel lavoro, nell’uso delle risorse, nella produzione e nel consumo. Il riconoscimento di una natura spirituale al denaro, che da merce e privilegio di una élite, divenga un patto sociale. L’introduzione di un reddito base universale a partire dai diseredati e dai giovani, che investa sui loro talenti.Siamo consapevoli che altri lavoreranno per approfittare della crisi. Perciò bisogna agire e lavorare a una chiamata universale, pensando agli ultimi degli ultimi e raccogliere i casi virtuosi, perché la loro capacità di lavorare insieme sia l’immagine stessa dell’ecologia sociale integrale.  

Fonte: Corriere della Sera

Search